REDDITO DI CONNESSIONE

Stavo riflettendo in generale, senza una meta nel mio pensiero e mi è venuto in mente questo concetto:

Se invece di reclamare il reddito di cittadinanza e pattuire una quota retributiva pensassimo di richiedere il reddito di connessione???

Di fatto ognuno di noi con la sua attività online produce guadagno per un sacco di società alle quali invece in qualche modo diretto o indiretto versiamo pure parte dei nostri soldi ricevuti svolgendo la nostra occupazione (almeno in teoria)

Ma la nostra navigazione viene tracciata e controllata per indirizzare su essa tutta una serie di informazioni che potenzialmente ci spingono ad investire sui nostri interessi i nostri soldi.

Ecco che a questo punto, senza fare nulla, ognuno di noi in ogni momento passato online diventa veicolo per le società pubblicitarie e di varie forme di marketing.

Questo veicolo però non viene retribuito ma di fatto genera in ogni istante una fonte di guadagno per tutte le compagnie che ne sfruttano appunto unicamente il fatto di essere connesso.

Quindi perché non decidiamo di richiedere qualcosa che ci è dovuto?? Ovvero il reddito di connessione?

30 pensieri riguardo “REDDITO DI CONNESSIONE”

  1. Ciao Erik.
    Anche il reddito da “profilazione”, nel senso che noi non solo navighiamo, ma anche forniamo ai social ed ai negozi on-line tutta una serie di informazioni su noi stessi, che a qualcuno può effettivamente far molto comodo.

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    1. si certo, ce ne sono moltissime che ti retribuiscono un servizio… il target del mio post era però vero un indirizzo diverso, noi siamo fonte di profitto per molti a costo zero… questa condizione potrebbe valere un bel ragionamento da fare… 🙂

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      1. scusa le risposte rapide ma ero al lavoro…
        comprendo ciò che dici ma non sono in perfetto accordo, ovvero
        io pago un abbonamento ad internet quindi un provider che mi fornisce il servio
        perchè questo servizio mi da tra le altre cose, la possibilità di cercare informazioni sul web.

        Il fatto che questa possibilità sia fornita in cambio della profilazione è vera fino ad un certo
        punto a mio avviso. La profilazione servirebbe per veicolare le informazioni e per velocizzare
        il risultato delle ricerche. Ma in questo caso questo scambio diventa valido per tutti i legami di
        primo e secondo livello. In relatà però il nostro essere online raggiunge anche livelli ramificati ben
        più in basso che ne traggono a loro volta benefici per informazioni acquisite anche in modo indiretto.

        Telefono ed energia elettrica o gas sono esempi simili ma non uguali perchè di fatto ogni fornitore non è
        mai stato così appartenente ad una rete globale come quella in cui oggi tutti siamo intrappolati, seppur
        con nostro parziale consenso.

        Oggi più che mai mediante il nostro stato di Online generiamo un potenziale servizio ad un numero pressochè
        infito di aziende od insieme di marketing anche a discapito di profilazione, a mio avviso..

        l’unico inghippo in questo è che ad oggi 1000persone che passano da online ad offline non generano nessun danno
        però di fatto se non un reddito per tutto ciò che genera la connettività dovrebbe essere completamente gratuita
        e i fornitori del servizio potrebbero trarre i loro introiti da tutto quel sistema che sfrutta appunto ogni singola
        connessione.

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      2. Non ho le competenze adatte per approfondire l’argomento, però credo semplicemente vada distinta la fornitura del servizio dal cosa ci fai e come. Un po’ come dire che non basta pagare l’elettricità, devi comprare anche la lampadina. Ripeto, però, è solo una mia opinione e non so se sto sbagliando…

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      3. Indubbiamente stiamo discutendo in termini di opinioni e visioni del tutto personali, quasi filosofeggiando, ma è bello anche così… Senza presunzioni e senza ricerca di una ragione assoluta, solo per il piacere di confrontarsi… Nemmeno io ho le competenze perché ormai la tecnica si scontra e abbatte sull’economia e sul mercato dove spesso anche di fronte a situazioni di fattibilità si scontra con questioni di contorno che seppur legittime rendono superficiale o scomoda la sua natura… Era solo piacevole confrontare i due punti di vista

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  2. Ciao Erik, la cosa a livello legale sarebbe fattibile, però si scontrerebbe con una serie di questioni che ingarbuglierebbero di più la matassa.

    Primo tra tutti, su chi grava l’onere del reddito di connessione? Oggi si paga con le nostre tasse, però se fosse attuata la tua proposta dovrebbe gravare sulle aziende e le società che ne traggono profitto. Quindi lo Stato per pagare il reddito introdurrà una tassa che graverà quindi sui profitti dell’impresa, a maggior ragione se opera su internet attraverso negozi online o la partecipazione a piattaforme come e-bay. Poiché i soggetti rispondono agli incentivi, molte imprese (soprattutto le più piccole) non faranno più commercio online e si ridurrebbe per loro l’opportunità di allargarsi e di farsi conoscere nel mercato della concorrenza.

    Secondo. L’imposta potrebbe gravare sulle multinazionali, come Google. Però visto che dispute degli ultimi anni per quanto riguarda l’evasione fiscale commessa da questi soggetti l’Italia ci perderebbe, sia in termini di tempo che di denaro. Inoltre la profilazione serve a google, però serve anche direttamente alle imprese che traggono guadagno e si rischierebbe di avere l’indeterminatezza circa il soggetto passivo d’imposta: google o l’azienda che vende prodotti online?

    Terzo. Il rischio che si corre, qualora fosse attuata una misura del genere, è l’utilizzo improprio dei dati. Le imprese, pur di recuperare l’imposta e aumentare il profitto, troverà il modo per aggirare le norme del GDPR. A ciò si aggiunge il problema da un punto di vista fiscale. Poiché tutti navighiamo su internet e tutti potremmo avere diritto al reddito di connessione, l’obbligo che ne consegue sarà quello di rendere chiara la nostra attività attraverso la dichiarazione dei redditi. Non è tanto il problema dell’evasione, quanto della quantità (in termini di tempo) di attività che svolgiamo su internet. E poiché il Fisco opera su presunzioni, ancor di più ficcherebbe il naso nelle nostre faccende.

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    1. Ciaooo, si si sono consapevole che se affrontiamo il tema in modo più approfondito di un ideologia mentale la cosa si ingarbuglierebbe molto… ma rimanendo nel tema per parlare tra di noi di qualcosa per punti: l’onere del reddito di connessione potrebbe derivare da una tassa che tutte le aziende che vendono direttamente o indirettamente merce o sevizi online devono versare per l’usofrutto dei nostri dati personali, per il fatto che essendo online loro possono veicolare i loro prodotti aumentando di fatto le possibilità di ricevere domande e ricavi come dicevi, io credo che questa potrebbe non essere una tassa aggiuntiva oppure il margine non dovrebbe essere tale per cui si possa portare alla rinuncia del web che per altro a fronte delle prospettive di vendita vedo piuttosto complessa… per altro qui la scala non è nazionale…

      sul secondo punto ammetto di non avere risposta così immediata servirebbe un analisi reale ed approfondita… a pelle mi verrebbe da dire entrambi i soggetti magari con scale differenti, non escluderei i provider di servizio… tra l’altro tutti percepiscono reddito diretto o indiretto dal nostro essere online.. quindi parte di quella tassa sarebbe anche nostra ovviamente.. (a meno di non andare a discutere di diritto di connettività gratuito allora).

      Sul terzo punto, probabilmente ingenuamente non vedo troppi ostacoli… io non ho bisogno di riservatezza (che per altro non esiste) sulla mia attività su internet, ma fosse per me anche il voto sarebbe pubblico con lista esposta nei comuni perchè si parla tanto di libertà di parola ed espressione e poi tuteliamo con riservatezza perchè esistono ripercussioni che esisono in ogni caso anche se tenute nascoste agli occhi di chi non ha interesse di guardare… sono temi molto ampi che vanno dal dettaglio tecnico giuridico preciso al truman show a confine tra applicazione di leggi e normative a realtà dei fatti…

      però sempre un piacere discuterne 🙂

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      1. Non guardare le grandi aziende che operano su internet. Prendi il piccolo professionista che si iscrive su un portale per offrire il suo servizio, un’impresa locale che promuove i suoi prodotti per aggiudicarsi una fetta di mercato, la ragazza che fa braccialetti a mano per raccimolare qualcosa. Su internet tutto si gioca sull’indicizzazione e sul piazzamento sul motore di ricerca- Forse si potrebbe ricondurre la tassa ad una sorta di tassa pubblicitaria (come avviene con le insegne e le pubblicità le cui tasse sono pagate al comune), rimane però il problema del soggetto passivo. Poi quando si parla di tasse tutti tremano alla sola parola anche se magari la tassa inciderà di poco sui guadagni. Abbiamo una repulsione contro le tasse che 10 centesimi in più per noi sono un macigno!
        Infine la privacy. Si è discusso molto l’anno scorso sulla fatturazione elettronica e sul fatto che chi gestisce le fatture può accedere ad una serie di dati ritenuti sensibili. Ti faccio un esempio. Considera una persona che fa una visita medica particolare (tipo quella per riscontrare o trattare o acquistare medicinali per l’HIV) e sulla fattura compare nome e cognome della persona. Si tratta di dati sensibilissimi che, se finiti in mani sbagliate (un funzionario un po’ troppo curioso oppure un gestore accreditato per la fatturazione elettronica) potrebbe produrre danni immensi. Ora rapporta questo discorso alla profilazione. Il discorso è contorto, va inquadrato meglio, però non andrebbe sottovalutato.

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      2. certo, in un ottica di concretezza andrebbero viste diverse cose, e torniamo all’ingarbugliamento di prima, di una cosa sono convinto però avendo competenze tecniche e possibilità concrete, senza secondi fini personali, sono sicuro che si potrebbe trovare una forma per rendere sostenibile il tutto, magari andando a sottrarre qualcosa che oggi già c’è ma che funziona male o viene usato nel modo sbagliato

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  3. Non ho ben capito se è una simpatica provocazione o un’idea concreta, ci sarebbe comunque molto da dire. La prima cosa che mi viene da pensare è che, mentre la cittadinanza “appartiene” a tutti i cittadini (e non dico che approvo la cosa), la connessione no, anzi non credo nemmeno sia una grande percentuale. Ne deriva un principio secondo cui alcuni pagherebbero per altri e sai come funziona in Italia…

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    1. in tutta onestà il mio intento iniziale era quello della “simpatica provocazione” poi ci siamo addentrati con i commenti ad un livello superiore all’intento iniziale, per altro per me molto piacevole e abbiamo argomentato per dire che seppur provocazione non era basata sul nulla, ecco…

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    1. 🙂 in realtà in questo tempo ho continuato a seguire i vostri blog e a leggervi però facendo una fatica enorme a concentrarmi.. quindi impossibile scrivere qualcosa di mio, ma sono molto legato a questo ambiente e a molti di voi quindi non ho abbandonato, diciamo che mi si era assentato il cervello… ihihihih 🙂

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